Epigenetica: l’odissea del genoma

19 marzo 2018 Ore 20:00 – Piccolo Eliseo, Roma
Le nuove frontiere della biologia del genoma, tornando al dibattito tra Darwin e Lamarck

Epigenetica: l’odissea del genoma

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Ognuno di noi è come uno spartito musicale, che pur mantenendo sempre lo stesso bagaglio genetico, può essere interpretato da ogni esecutore in modo diverso, e con strumenti diversi.

L’esempio più classico è quello dei gemelli omozigoti –con identico DNA-, che sembrano uguali, ma non lo sono, perché l’accumularsi progressivo durante le loro vite di esperienze biologiche e culturali diverse li rende sempre in ogni caso diversi.

È questo ciò che studia l’epigenetica. Il termine, coniato nel 1942 dal biologo e paleontologo inglese Conrad Waddington (1905-1975), definisce “la branca della biologia che studia le interazioni causali fra i geni e il loro prodotto e pone in essere il fenotipo”, ovvero l’insieme di tutte le caratteristiche ambientali e culturali che determinano il comportamento dei geni. Dunque, una disciplina che ricerca come differenti caratteristiche si possano sviluppare a partire da un medesimo bagaglio genetico. E proprio questi esempi ci introducono ad uno degli aspetti più affascinanti di questa disciplina: questa complessità è trasmissibile? Quanta parte di questo patrimonio di informazioni viene trasferita alle generazioni successive?

Con questa nozione di “identità biologica come risultato del viaggio del nostro genoma attraverso le fasi della vita” possiamo allargare il campo: alla nostra personale storia biologica, dal principio della vita, alle cure parentali ricevute, agli studi compiuti, a tutte quelle esperienze anche affettive e comportamentali che influiscono in maniera permanente su circuiti neurali e modellano la personalità di un individuo. Ci sono effetti derivanti dall’uso di droghe o dall’alcolismo, condizioni associate alla cosiddetta metilazione del DNA, una risposta dei geni a determinati segnali che viene viziata da questo tipo modificazioni.

L’epigenetica apre nuove prospettive in molti campi: da quello medico, a quello nutrizionale, allo studio dei comportamenti sociali. A cosa portano questi studi? Introducono un elemento nuovo di responsabilità personale, ovvero che il nostro destino non è per forza scritto solo nel DNA ma che è l’interazione con l’ambiente che determina alla fine la nostra identità biologica individuale.

Questi fatti possono diventare argomenti concreti alle politiche volte a promuovere la salute, stili di vita più corretti e una sana nutrizione. E naturalmente, in campo medico, ci aiuteranno a capire perché sono così diverse le risposte ai farmaci e contribuire alla cosiddetta medicina personalizzata.

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Le foto sono di Federica Di Benedetto.