CONTROVIRUS | Effetto Florida

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Ascolta “Effetto Florida” su Spreaker.
di Massimiliano Sassoli
de Bianchi, fisico e scrittore italiano

Quale effetto può indurre su di noi il costante bombardamento massmediatico cui veniamo sottoposti in questo momento di emergenza sanitaria? Oltre al contagio da coronavirus, che si trasmette per via aerea, non sarebbe saggio occuparci anche di quel contagio più sottile, che si trasmette per via etere, la cui natura non è certo meno insidiosa?
Il semplice fatto di essere esposti in continuazione a determinate parole (o immagini) è in grado di produrre in noi dei cambiamenti comportamentali anche rilevanti, e questo senza che ne siamo necessariamente consapevoli. Questo effetto “ideomotorio” è noto con il nome di “effetto Florida”, a causa di un celebre esperimento condotto negli anni Novanta dallo psicologo John Bargh e collaboratori.

Questi chiesero a degli studenti di formare delle frasi compiute di quattro parole a partire da frasi sconclusionate di cinque parole. Alcune di queste parole evocavano la vecchiaia, come “Florida” (luogo in cui si trasferiscono molti pensionati americani), “calvo”, “smemorato”, “grigio”, ecc. Una volta terminato il compito, agli studenti veniva chiesto di recarsi in un’altra stanza per effettuare un secondo esperimento. Per fare questo, dovevano attraversare un lungo corridoio. I ricercatori, senza farsi notare dagli studenti, calcolarono allora il tempo che impiegavano gli studenti per recarsi da un capo all’altro del corridoio. Scoprirono così che quelli che avevano composto frasi a partire da parole che evocavano la vecchiaia si muovevano in media molto più lentamente di quelli appartenenti a un campione di riferimento, che avevano ricevuto delle parole senza alcuna corrispondenza con la vecchiaia. Si è poi scoperto tramite ulteriori esperimenti che l’effetto ideomotorio funziona anche al contrario. Ad esempio, se per un po’ camminiamo lentamente, ad esempio a un terzo del ritmo normale, diventeremo molto più efficienti nell’individuare in un testo delle parole correlate alla vecchiaia.

Questi effetti di sensibilizzazione (detti “priming”) sono oggi ben studiati e possono assumere innumerevoli forme. Per chi è interessato a questo argomento non posso che consigliare il libro del premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman, dal titolo Pensieri lenti e veloci (Oscar Mondadori).

Ora, per tornare alla situazione particolare che stiamo vivendo in questo momento, possiamo chiederci: quale effetto sta avendo sul nostro mentale, e quindi sui nostri comportamenti, il lasciarsi “infettare” in continuazione dalle stesse notizie, che come un nenia ci ripetono sempre le stesse cose, sulla minaccia del pericolo invisibile che si annida nell’aria che respiriamo, sulle condizioni respiratorie in cui versano una percentuale dei contagiati, sulle misure insufficienti nell’arrestare la crescita del numero di infetti, sulla carenza di posti attrezzati negli ospedali, ecc.?

Naturalmente, è importante rimanere informati su tutto ciò che accade, per poter agire in modo tempestivo e responsabile. In questo modo, possiamo ridurre al massimo il rischio di contrarre il virus e proteggere ogni persona con cui interagiamo. È importante però proteggersi anche dall’effetto “ideomotorio” e “ideo-emotivo” derivante da questo constante bombardamento massmediatico cui veniamo sottoposti. Stiamo tutti partecipando a un esperimento psicologico continuativo, dove come piccole cavie veniamo ripetutamente e assiduamente esposti a parole e immagini che evocano in noi paura e senso di impotenza. Ne siamo consapevoli? Siamo consapevoli di quali emozioni e comportamenti sono in grado di innescare in noi queste parole (e immagini) ripetute in modo quasi ossessivo? Erano consapevoli gli studenti che hanno partecipato all’esperimento di Bargh, che nel corridoio stavano camminando più lentamente? E chiediamoci anche: il nostro sistema immunitario, combatte meglio il virus quando siamo immersi in un clima interiore di paura, o quando invece siamo in grado di permanere in una condizione di calma e lucidità? La risposta è evidente.

Cerchiamo allora, nella misura del possibile, di prestare più attenzione alla natura e qualità delle impressioni che incessantemente ci suggestionano e condizionano. Viviamo nella cosiddetta “era dell’informazione”, quindi mai come oggi è necessario preoccuparci dell’igiene non solo del nostro corpo fisico, e degli spazi fisici che frequentiamo, ma anche e soprattutto dell’igiene del nostro corpo psichico, e degli “spazi semantici” nei quali ci troviamo immersi, spesso nostro malgrado. Cerchiamo di evitare di percorre quel lungo corridoio come zombie telecomandati, in preda a un’ansia e una paura di cui non conosciamo più la vera ragione. Come avrebbe detto Eric Berne, psicologo autore della teoria dell’analisi transazionale, possiamo rompere la nostra transazione con il terrore, e per fare questo può essere sufficiente un gesto semplicissimo: premere il tasto che spegne il nostro televisore, la radio, il computer, o addirittura il nostro smartphone! È come battere a scacchi un’intelligenza artificiale potentissima, facendo una mossa che non si aspetterebbe mai: staccargli la spina!

Ovviamente, questo è solo il primo passo. Quando ci troviamo in una condizione di maggiore silenzio esteriore, possiamo riflettere con più attenzione e spingerci più in profondità. Ad esempio, possiamo osservare che ogni crisi, come indica l’etimologia della parola, presuppone la possibilità di una nuova scelta. Se non ci facciamo prendere dal panico, se rimaniamo sufficientemente lucidi, possiamo usare questo momento privilegiato per porci alcune domande fondamentali.

Quanto siamo in grado di rimanere stabili di fronte agli eventi della vita? Quante risorse psicofisiche possediamo, realmente? Siamo in grado di fronteggiare eventi anche drammatici senza crollare? E nelle situazioni difficili, siamo una persona di riferimento per gli altri, che offre sostegno e soluzioni, oppure diveniamo parte del problema?

Se ci accorgiamo di essere carenti in termini di risorse interiori, cosa stiamo facendo in questo momento per migliorare la nostra situazione, affinché la prossima crisi non ci colga impreparati? E ancora: quando spegniamo la televisione, il computer, il cellulare, quando esteriormente creiamo maggiore silenzio, siamo poi in grado di coltivare un silenzio interiore di sufficiente qualità? Quanto è alto il volume del nostro bombardamento massmediatico intrapsichico? Siamo capaci, anche solo per dieci minuti, di sederci con la schiena bene eretta, portare attenzione e dilatare il nostro respiro, quindi fare esperienza che, semplicemente, siamo vivi, e che nel nostro “qui-e-ora” tutto va bene?